Ponticelli, un orto sociale per sconfiggere i clan
Era un terreno abbandonato. E il quartiere se ne era appropriato. La parte marcia del quartiere, che utilizzava quel terreno, ricoperto di erbacce, per scavare buche e nasconderci armi e chissà cos'altro.
Siamo a Ponticelli, a poche centinaia di metri dal Rione Conocal, di fronte al parco Merolla, sui cui palazzi sorridono gli occhi di Ael, la bambina del murales di Jorit, simbolo dell'infanzia di periferia. Qui, dove la camorra uccide la sorella del boss sul portone di casa e dove chi controlla il territorio non vuole perdere centimetri, è nato il primo "orto sociale urbano" della città. Il territorio che si riprende il territorio.
L'inaugurazione ieri mattina, nel parco Eduardo de Filippo, alla presenza del vice sindaco, Raffaele Del Giudice, dell'assessore Alessandra Clemente e della presidente della Municipalità, Anna Cozzino. L'orto sociale di Ponticelli è il primo effetto concreto e reale dei patti di legalità, voluti dalla prefettura, proprio per arginare l'emergenza criminalità.
Ma non è stato facile arrivare al giorno dell'inaugurazione. "Quando hanno scoperto quello che volevamo fare ci hanno dichiarato guerra", racconta Anna Ascione, che lavora da trent'anni a Ponticelli ed è responsabile del centro diurno del Sert Asl Napoli 1 e promotrice dell'iniziativa.
E guerra significa: minacce, furti, tentativi di boicottaggio. Quel terreno serviva alla criminalità come deposito d'armi, secondo le stesse voci del quartiere.
"L'idea di questo orto è nata più di un anno fa - spiega Anna Ascione - ed è nata nell'ambito delle attività di riabilitazione. Volevo che i ragazzi ritornassero alle radici, al rapporto con la terra. E visto che a Ponticelli avevamo un'area verde incolta all'interno di un parco comunale, grazie anche al mio direttore, Stefano Vecchio, e alla Municipalità abbiamo avviato le pratiche per l'orto sociale".
Appena, però, i ragazzi del centro diurno dell'Asl hanno avuto in mano le chiavi del terreno è cominciata la guerriglia. "Un boicottaggio a tutta forza" dice Anna Ascione.
Che vuol dire? "I ragazzi montavano i pali per la recinzione e qualcuno di notte li buttava a terra. E così per tutto: ogni cosa che facevamo veniva distrutta". Sono stati anche incendiati, più di una volta, i cumuli della sterpaglia raccolti.
E negli ultimi quindici giorni prima dell'inaugurazione le minacce e i piccoli atti vandalici sono diventati ancora più aggressivi. È stato sfondato un muro della piccola struttura all'interno del parco, che il Comune aveva offerto come ricovero per gli attrezzi, ed è stato rubato tutto, anche un defogliatore che un volontario aveva prestato per la causa.
"Al di là dello sfregio, il danno è stato grande - spiega la Ascione- Perché noi non abbiamo fondi e per comprare un trattorino ci mettiamo magari anche degli anni".
A questo punto cosa è accaduto? "Ho detto ai miei ragazzi: "Questa è una lotta e noi andiamo avanti. Non lasciamo il territorio". E così ho coinvolto scuole, associazioni, parrocchie e cittadini e ognuno ha adottato una terrazza. Abbiamo lavorato tutti insieme: abbiamo riportato alla luce terrazze, panchine, muretti. L'orto è diventato di tutti. Il mio obiettivo non era dare vita a un semplice orto urbano. Non volevo insegnare ai ragazzi a coltivarsi il loro orticello. Volevo un orto sociale. Volevo che il territorio si riappropriasse della propria terra".
Anna Ascione è determinata e anche le scuole e la rete di associazioni, che insieme all'Asl l'hanno sostenuta. Ma l'avventura si annuncia non facile. Gli stessi tecnici agronomi del Comune, per esempio, hanno consigliato di iniziare a coltivare piccole piante officinali, piante "che non danno nell'occhio e non attirano appetiti", per permettere al "quartiere di abituarsi all'idea".
"Per noi l'importante è esserci e tenere "pulita", in tutti i sensi, l'area", conclude Ascione che con i ragazzi sta già pensando a una serie di sagre o a un campo di archeologia per bambini."L'orto sociale di Ponticelli è la concretizzazione della nostra idea di lavorare ai patti di legalità organizzata- spiega Alessandra Clemente, assessore ai Giovani del Comune - Questo è il fare quotidiano. Perché se i malamente ogni sera si incontrano e organizzano i loro summit, quest'orto è un primo segno che anche la parte sana della città si incontra e fa, agisce, prende fette di territorio".