Metto qui solo un estratto dell'articolo del nostro idolo (perchè dopo inizia a sparare un bel pò di fesserie), giusto per citare il progetto:
La proposta di Romeo per Napoli: una federazione di condomini
L'area della vecchia dogana di fronte al porto trasformata in quartiere modello, stile Barcellona o Berlino
di MARCO DEMARCO
Napoli come Barcellona o Berlino. Dopo tanti buchi nell'acqua, arriva un progetto di valorizzazione urbana che è molto di più di quel che appare. La brochure di accompagnamento, con tanto di rendering, foto e tabelle, parla, in copertina, di una città «evoluzionaria», ma poi a pagina 6 la proposta diventa addirittura «rivoluzionaria». Forse è stato proprio questa aggettivazione, così volutamente progressiva e ruffiana, a far sì che personaggi assai distanti trovassero alla fine il modo di accordarsi. Il sindaco Luigi de Magistris e l'autore della proposta, Alfredo Romeo: ecco l'ultima imprevedibile coppia che il palcoscenico napoletano mette in cartellone. Dietro le quinte c'è l'intesa sui 43 milioni che il Comune di Napoli deve all'azienda Romeo per anni di gestione immobiliare; sullo sfondo c'è un progetto di recupero urbano che riguarda, appunto, l'insula a ridosso del porto e alle spalle del teatro Mercadante; ma in scena c'è molto, molto di più: addirittura un nuovo modello di governo della città, qualcosa che – potrebbe mandare in soffitta l'attuale organizzazione comunale, i presupposti per una nuova forma di federalismo. Premessa d'obbligo: «Ho scelto quest'area — dice Romeo — perché voglio dare una mano alla città, aiutarla a risollevarsi; ma anche perché qui c'è il mio albergo, e dunque non a caso. Sono pur sempre un imprenditore». Ma poi c'è anche un'altra ragione. Romeo vuole sperimentare un modello di gestione su cui specializzare la sua azienda. Vuole verificare se l'idea può funzionare, il suo è dunque una sorta di investimento. Proprio per questo, regala il progetto al Comune; è pronto a realizzarlo a sue spese, costo previsto dai tre ai quattro milioni; e, così dice, non si propone per la gestione: «Perché se il modello funziona, deve funzionare con me o senza di me». Sulla terrazza con vista sul porto e sul vecchio molo borbonico dell'hotel che porta il suo nome, davanti a una insalata con tonno essiccato e sale di vaniglia, *** orgoglio dello chef, Romeo spiega dunque il suo progetto. Piantina sul tavolo, ecco com'era l'antica dogana, che si chiama così perché una volta il porto arrivava fin qui, ed ecco come sarà. Garage interrato automatico per go auto in vico II San Nicola alla Dogana, di quelli che lasci l'auto su una piattaforma, schiacci un bottone, e te la ritrovi sistemata in un loculo libero; isole pedonali in piazza Francese e piazza della Dogana; rifacimento della pavimentazione e dell'illuminazione; insegne graficamente omogenee; e poi essenze arboree, rimozione degli abusi, decoro urbano. La superficie dell'insula è di oltre 37 mila metri quadrati, e ha, attualmente, un valore commerciale totale, a detta dell'agenzia del territorio, di 338 milioni di euro. A lavori conclusi potrebbe arrivare fino a 577 milioni, aumentare cioè del 48 per cento. Tanto margine di incremento si spiega perché, tra le città a vocazione turistica come Roma e Firenze, Napoli è l'unica in cui il valore immobiliare nel centro antico è maggiore, rispetto alla media, solo del io per cento. «Quest'area ha grandi potenzialità, se solo se ne avesse cura», commenta Romeo. In sostanza, questo imprenditore assai discusso e poco simpatico; che gestisce patrimoni immobiliari come il Quirinale; che ha un'azienda che nel settore è prima in Europa e seconda al mondo; che è stato ed è coinvolto in inchieste giudiziarie dalle quali è sempre uscito indenne e, dal punto di vista imprenditoriale, più forte di prima; questo insolito imprenditore meridionale, si diceva, ha inventato, almeno così pare, il modo di mettere a reddito la città, di gestirla senza aggravare la contabilità pubblica. Un modello che esporterà presto all'estero, a Londra prima che altrove. «Se funziona qui, funziona ovunque», ribadisce. L'idea, in sostanza, è di dividere Napoli in insule o, se si vuole definirle in altro modo, in grandi condomini urbani. E di amministrare queste realtà omogenee come si amministra un'azienda: qui i costi, qui i ricavi. I costi sono le ristrutturazioni, i parcheggi, le panchine, le aiuole; i ricavi vengono invece dalla rivalutazione del patrimonio. E il capitale con cui mettere in moto la macchina? Ecco l'uovo di Colombo: la quota parte di tributi locali come la Tarsu, l'Imu, i canoni acqua, i proventi delle affissioni, eventuali imposte di scopo. Le città vivono di trasferimenti statali e di gettito tributario