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Il Cielo di Napoli

'O fattariello: storie, aneddoti, racconti, leggende

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    CRIME 80
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    00 11/06/2014 20:59
    Re: Re:
    Coma White, 11/06/2014 17:28:




    Ma dove si trova questa stazione Neapolis? [SM=x2819775]




    [SM=p2820489] [SM=g3815406] [SM=g2982593] ma esiste da oltre 10 anni e tu ancora non la conosci? Cioè dopo anni che sei sui forum?

    [SM=x2825940]
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    Coma White
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    00 12/06/2014 01:00
    Re: Re: Re:
    CRIME 80, 11/06/2014 20:59:




    [SM=p2820489] [SM=g3815406] [SM=g2982593] ma esiste da oltre 10 anni e tu ancora non la conosci? Cioè dopo anni che sei sui forum?

    [SM=x2825940]


    E voi non ci siete mai andati, nei vostri giri. [SM=x2819667]

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    CityN
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    00 12/06/2014 09:14
    E c'hai pure tu ragione! Basta che si scattano le fotine ai lungomari o ai cantieri e si strafocano di babbà e caffè... [SM=x2819341] [SM=x2819346]
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    Coma White
    Post: 8.969
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    00 12/06/2014 11:10
    Re:
    CityclassR4, 12/06/2014 09:14:

    E c'hai pure tu ragione! Basta che si scattano le fotine ai lungomari o ai cantieri e si strafocano di babbà e caffè... [SM=x2819341] [SM=x2819346]



    Ma serio, poi oramai si perde più tempo in chiacchiere, caffè e babbà che si deve fare Luigi che a fare visite.

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    Ninconanco81
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    00 17/06/2014 11:25
    [IMG]http://i59.tinypic.com/2d0x76e.jpg[/IMG]
    Napoli, 27 maggio 1934.
    Era uno stadio Ascarelli semivuoto, con appena novemila sgabelli su trentamila occupati, quello che accolse gli ottavi finale tra Ungheria ed Egitto.
    La città ospitava per la prima volta un match dei Campionati mondiali che si svolgevano in Italia.
    Per l'occasione, lo stadio fu rinominato "Partenopeo", dato che il suo patron Giorgio Ascarelli, presidente della squadra del Napoli, era di origini ebraiche: uno smacco che il regime fascista non avrebbe tollerato.
    La foto, scatto rarissimo proveniente dal Fondo Troncone, è stata pubblicata sulla pagina Facebook ufficiale dell'archivio Parisio. Oggi l'arena Ascarelli non esiste più, rasa al suolo dai bombardamenti del 1942 durante la Seconda Guerra mondiale. Al suo posto, il rione Luzzatti Ascarelli, zona Gianturco.
    Per la cronaca, la partita terminò 4 a 2 per l'Ungheria, che si qualificò ai quarti (dove fu sconfitta dall'Austria). Il Mondiale invece andò all'Italia. Fu la prima volta che gli azzurri, allenati da Vittorio Pozzo, si aggiudicarono il titolo (paolo de luca)

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    BiagPal
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    00 26/06/2014 18:42
    Vi mostro questo servizio interessante andato in onda su "L'Italia de Il Settimanale" relativo all'eruzione che portò alla nascita di Montenuovo nel 1500.


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    CityN
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    00 05/07/2014 12:50
    La storia del cavallo di bronzo del Duomo


    Questa immagine mi ha suscitato l'interesse per una storia in cui realtà e leggenda (ma anche mistero e vaghezza) si uniscono per formare una di quelle tantissime storie con pochi punti certi relative alla nostra città.

    Tra poco su queste pagine!
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    Coma White
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    00 11/09/2014 09:51

    La vera storia di Topolino: Mikey Mouse ha origini napoletane!


    Navigando in rete si scoprono storie al limite dell’incredulità, come quella che attribuisce la paternità di Topolino ad un Napoletano, proprietario di un’azienda di sciroppi e liquori con sede a Caivano, nata nei primi anni ‘20 del secolo scorso. A quanto pare questa storia sembra essere abbastanza conosciuta nell’ambiente e numerosi storici ed intellettuali hanno indagato sull’effettiva credibilità di una simile teoria. Da Angelo Forgione a Marco Rossano, da Ruggero Guarini all’archivio Flavio Beninati, la lista di coloro che si sono occupati delle origini partenopee di Topolino sembra essere piuttosto lunga e nutrita.

    Dalle ricerche effettuate sembra proprio che il Topo del visionario Walt Disney abbia in realtà numerosi punti di contatto con quello stampato sulle etichette dell’azienda “La Sorgente” di Carmine Cammardella. Gambe esili, coda lunga, pantaloncini corti e grandi bottoni sulle tasche, guanti e grandi occhioni: insomma un sosia perfetto del famosissimo “Mickey Mouse” statunitense, nato però ben sette anni prima del suo gemello.



    La leggenda vuole che il disegno napoletano sarebbe nato dalla mano e dalla fantasia di Michele Sòrece, ispirato proprio dal suo nome. Sòrece, partito a metà degli anni ‘20 per trovare fortuna negli Stati Uniti, una volta giunto in terra americana avrebbe conosciuto un giovane e ambizioso Walter Elias, meglio conosciuto al grande pubblico come Walt Elias Disney. Ma dalle ricerche effettuate da Forgione pare non sia emerso alcun documento a riprova di una simile ipotesi. Non esiste infatti alcun Michele Sòrece emigrato negli Usa, si potrebbe quindi pensare che tutta questa storia sia stata costruita a mestiere.

    Molto più probabile invece che a disegnare il topolino sia stato un illustratore dell’epoca, Quirino Cristiani, nato in Italia negli ultimi anni dell’800 ed emigrato in Argentina per circa 5 anni. Quirino, famoso grafico di inizio secolo, fu contattato da Cammardella per realizzare un logo facile da ricordare. In un’epoca come quella, dove la maggior parte dei consumatori non sapeva leggere, era importante contare su un’immagine forte capace di identificare il prodotto.



    La nipote di Carmine Carmadella, attualmente proprietaria dell’azienda, ha così commentato la questione: «Era un’epoca molto diversa dalla nostra – dice – in cui l’ultima cosa che mio nonno avrebbe pensato di fare, sarebbe stata quella di andare a vedere cosa si faceva negli Stati Uniti, o che aria tirasse in America in materia di marchi, mentre era intento a preparare con amorevole cura il suo Anice Reale da distribuire nei bar e nei caffè di Napoli. La scelta di un topolino come simbolo dell’azienda è dunque stata assolutamente casuale, nata dalla penna di un disegnatore a cui mio nonno aveva commissionato appunto un disegno che potesse diventare il marchio della antica ditta “La Sorgente”. Tutto quello che è successo dopo è noto a tutto il mondo, ma come siano andate esattamente le cose nessuno lo sa; so che questo disegnatore, emigrato in America in cerca di maggiore fortuna, si sia poi imbattuto in quello che sarebbe diventato il padre di Mickey Mouse a cui, per riconoscenza, avrebbe donato una bottiglia di quell’Anice Reale napoletano con su disegnato un topolino».

    A quanto pare a supporto di una simile teoria esiste più di una prova che ci permette di dire, con una certa credibilità, che topolino sia proprio nato a Napoli per trasferirsi solo qualche anno più tardi, nell’America del boom economico e del sogno imprenditoriale!


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    CityN
    Post: 9.331
    Registrato il: 13/02/2012
    00 28/09/2014 18:04
    Quando la bionda nasceva in collina... a Miano! (ma anche a Capodimonte)

    Napoli vanta un'antica tradizione nella produzione della birra: è stata un importante centro di produzione della famosa "bionda", forse tra i più antichi d'Italia...

    Inizialmente gli impianti esistenti erano di dimensioni modeste e limitati ad alcuni monasteri e piccole imprese a conduzione familiare, anche per la difficoltà di creare e conservare il "freddo", importantissimo per la produzione della birra su scala industriale.

    Fu la famiglia Peroni a impiantare un primo stabilimento italiano di produzione della birra a carattere industriale, a Vigevano nell'anno 1846, ma la svolta produttiva si ebbe nel 1905, quando i fratelli Giovanni e Cesare Peroni, dopo attenti studi ed esperienze intraprese oltralpe, in particolare presso gli esperti maestri birrai tedeschi, introdussero in Italia l'arte di fare birra "a bassa fermentazione".

    Negli anni che seguirono i Peroni ebbero un notevole successo, fino ad acquisire diverse piccole realtà produttive italiane, come le preesistenti "Birrerie Meridionali di Napoli", che a partire dal 1930 furono rinominate in "Birra Peroni Meridionale". La sede dello stabilimento napoletano era impiantata a Capodimonte, al corso Amedeo di Savoia, nel luogo dove oggi sorge un grosso condominio di abitazioni private. Ma lo stabilimento di Capodimonte si mostrò subito insufficiente per la aumentata richiesta di produzione di birra, anche perché non consentiva la possibilità di una espansione produttiva.

    Si decise quindi per la delocalizzazione dello stabilimento. Fu Franco Peroni a far costruire a Miano il birrificio più moderno dell’epoca, che fu completato e inaugurato, a distanza di pochi anni, nel 1953. La zona era allora ancora una parte periferica della città di Napoli dedita prevalentemente all'agricoltura.

    Lo stabilimento napoletano era avveneristico per l'epoca, perché dotato di ampi e moderni locali e capannoni, impianti di produzione e di imbottigliamento a ciclo continuo e ben quattro pozzi di notevoli profondità, che lo rendevano autonomo per il fabbisogno di acqua. In ricordo del fondatore, nei giardini del bel parco interno allo stabilimento una bellissima fontana artistica era stata dedicata a Franco Peroni.

    In prossimità dell'ingresso principale fu costruita la "Terrazza Peroni": un locale pizzeria/birreria, con una vasta terrazza all'aperto, dove era possibile gustare, in ogni periodo dell'anno, la birra "alla spina" prodotta nel vicino stabilimento. La Terrazza Peroni ebbe un grande successo, moltissimi infatti erano gli avventori che provenivano da ogni parte della città e anche da fuori provincia, giunti in questo locale per trascorrere una serata spensierata tra amici e parenti, all'insegna della buona birra italiana.

    A pochi anni di distanza furono inaugurati in Italia altri tre importanti stabilimenti: nel 1963 a Bari, nel 1971 a Roma e nel 1973 a Padova. Nel 1963 la "Birra Peroni" ebbe un grosso salto di qualità, con la creazione, nel proprio ambito industriale, del marchio "Nastro Azzurro": una qualità di birra che riscosse subito un grande successo in Italia ed all'estero.

    Gli anni ‘70-’80 registrarono la crescita delle esportazioni e l'affermazione della birra italiana sui mercati esteri, fino a raggiungere gli Stati Uniti d'America.

    Nell'ultimo ventennio del secolo scorso lo scenario europeo e mondiale è cambiato notevolmente a causa del mercato globale, che impone sostenute forme di concorrenza, specie con i nascenti mercati asiatici...

    Nel 1984, per reggere il passo, furono chiusi diversi depositi e stabilimenti italiani della Peroni, come quello di Livorno, mentre la produzione restava concentrata solo negli stabilimenti di Roma, Napoli, Bari e Padova.

    Arriva, infine, il tempo delle "multinazionali" anche nel campo della produzione birraia in Italia...! Nel 2003, l'ultima discendente della famiglia Peroni vende la maggioranza delle azioni a una multinazionale sudafricana.
    Nel 2005 chiude lo stabilimento di Miano, giudicato dai dirigenti poco strategico per gli obiettivi industriali e commerciali del nascente gruppo.

    La chiusura dello stabilimento di Miano segna, purtroppo, la fine dell'unica realtà produttiva di grande respiro esistente nel territorio a nord di Napoli, che forniva lavoro a oltre 150 dipendenti, con grandi ripercussioni anche su un vasto indotto, esteso a tutta l'area napoletana.
    A distanza di tempo la ex fabbrica di Miano attende la conclusione dell'intervento di ristrutturazione urbanistica, allo stato messo in cantiere, che prevede la realizzazione di un albergo, di civili abitazioni, di un centro commerciale, di una scuola, di una palestra e di un parco pubblico.

    Salvatore Fioretto

    piscinola.blogspot.it/2014/09/quando-la-bionda-nasceva-in-collinaa.html?...



    Nell'articolo ci sono varie fotografie interessanti, ma questa più di tutte perché non comune: il corso Amedeo di Savoia con a destra l'impianto industriale (c'è anche un bel tram - con ogni probabilità una carrelli - che scende...).



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    carlet
    Post: 9
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    00 07/10/2014 11:09
    E' bello trovare in rete giornali che si dedicano ancora alla cultura..

    Vesuvio Live - L'omm ca vulev murì

    Leggete e fatemi sapere cosa ne pensate..

    __________________________
    Carlet
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    Ninconanco81
    Post: 5.474
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    00 10/11/2014 10:47

    La vicenda della nave asilo Caracciolo.

    Dal 1913 al 1928 centinaia di bambini sono stati accolti sulla nave Caracciolo quando questa era ormai vetusta

    I bambini erano quelli dei quartieri poveri di Napoli, strappati alla strada, alla miseria, al degrado e spesso alla violenza.

    Tutto questo grazie a Giulia Civita Franceschi, chiamata "la Montessori del mare", che fece di questa nave asilo un modello educativo apprezzato e studiato in tutto il mondo.

    la «Nave Scuola Marinaretti Caracciolo» venne inaugurata nell’aprile del 1913.

    Sovvenzionata dal governo con 16.000 lire all’anno, la nave scuola era gestita da ex ufficiali di Marina, mentre personale inquadratore anch’esso della Regia Marina era incaricato della disciplina e l’istruzione era impartita da ex sottufficiali di Marina per la parte militare, e da insegnanti civili per la parte elementare (meccanica, falegnameria, geografia e biologia).

    Medici civili, tra cui il dottor Guido Bocca, che operò gratuitamente, si occupavano delle questioni igienico-sanitarie.

    Per oltre un decennio la Caracciolo rimase ormeggiata in tali funzioni al molo Beverello del porto di Napoli, poi venne spostata al Pontile Vittorio Emanuele ed in ultimo nella parte interna del Molo San Vincenzo del medesimo porto, anche se in estate la nave si trasferiva a Castellammare di Stabia.

    Giulia Civita diresse la scuola dall’agosto 1913 (quando in pochi mesi l'istituzione raccolse già 51 allievi) sino al 1928 (quando venne allontanata dal fascismo per far assorbire la scuola dall’Opera Nazionale Balilla), periodo durante il quale 750 tra orfani di marittimi e ragazzi abbandonati vennero accolti e rieducati.










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    bubolazza
    Post: 6.068
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    00 10/11/2014 15:29
    che bel pezzo di storia

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    Salutandovi indistintamente..

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    bartol0
    Post: 5.924
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    00 18/11/2014 14:40
    LA FONTANA DEI CAPITONI

    Eccoci qui, in pieno centro: via Toledo numero 178.
    Banca Centrale di Napoli.
    Marcello Piacentini nel 1939 si occupò della costruzione dell'edificio arretrandolo rispetto alla strada, poi nel 1986 Nicola Pagliara ebbe il compito di risolvere il problema dei vu cumprá praticamente accampati fuori l'entrata principale dell'istituto di credito.
    Come? Installando le due fontane arabe sui marciapiedi e tuttora visibili in facciata.
    Il fato volle però, che l'inaugurazione dell'edificio cadde proprio in periodo natalizio: il popolo napoletano, non sempre pronto ad accogliere le ventate di novità e cambiamento (o probabilmente, la disattenzione dell'architetto a progettare un elemento inadeguato ai gusti e alle aspettative di chi quell'elemento doveva viverlo), scatenó in breve malcontento e numerose proteste.

    Questa disapprovazione si manifestò nella sottile ironia che solo i Napoletani sanno mettere in atto: a distanza di giorni, nella tanto attesa fontana furono ritrovate a sguazzare un sacco di anguille, forse per comunicare che più di una fontana, ricordava una "vasca per i capitoni"!
    Sdegnata, la banca, ne chiuse definitivamente il flusso d'acqua fino a renderla, come la vediamo oggi, un contenitore per piante.

    -Lidia Vitale



    da Storie di Napoli

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    bartol0
    Post: 5.924
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    00 19/12/2014 13:55
    "A Pordenone si fa festa, a Napoli si muore. Vado a Napoli"

    Forse a qualcuno sarà già capitato di sentire questa frase, forse altri l'avranno letta proprio su questo strano oggetto nero che si trova all'altezza del ponte della Sanità.
    Chi ha rinunciato ad una festa per andare a Napoli?
    Fu proprio il discusso Re Umberto I, quando nel 1884 a Napoli scoppiò una violentissima epidemia di colera.
    Paradossalmente proprio Napoli non regalava affatto buoni ricordi al Re, essendo stata il teatro del primo dei tanti attentati alla sua vita (che vi racconteremo prossimamente!).
    Mentre la città piangeva i suoi 7.000 morti, il Re era infatti atteso a Pordenone per una gara come ospite d'onore. Con sorpresa di tutti, però, Umberto annunciò la sua assenza con un telegramma in cui veniva riferita la famosa frase scolpita oggi nella pietra.
    Giunto a Napoli, la cronaca dell'epoca afferma che si sia recato in tutti i ricoveri per i colerosi per portare conforto ai malati.
    L'epidemia di colera a Napoli, però, non fu di certo sconfitta con la sola presenza del Re: ci riuscì il dimenticato medico napoletano Luciano Armanni, uomo tanto sconosciuto quanto geniale che, con i suoi metodi innovativi, riuscì a combattere la diffusione della malattia.
    (Di Armanni ne parliamo qui: www.facebook.com/storienapoli/photos/pb.1388636974749098.-2207520000.1417050123./1471381693141292/?type=3&...
    Un tempo, alla base della stele, c'era un bassorilievo che ritraeva Umberto I in mezzo ad alcuni malati, ma è stato rubato diversi decenni fa e, probabilmente, non lo rivedremo mai più.
    P.S.
    Proprio per questo episodio, Umberto I si guadagnò l'appellativo di "Re Buono".
    -Federico Quagliuolo





    www.facebook.com/storienapoli/photos/a.1417103395235789.1073741828.1388636974749098/1498986213714173/?type=1...

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    bubolazza
    Post: 6.068
    Registrato il: 03/03/2012
    00 19/12/2014 14:03
    ma almeno una targhetta per capire di chi è la frase c'è?

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    Ninconanco81
    Post: 5.474
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    00 19/12/2014 14:52
    Fattariello

    Olimpiadi 1920, Anversa

    Ugo Frigerio è un apprendista tipografo milanese che nel 1920 non ha ancora 19 anni
    Ad Anversa Ugo Frigerio regala le prime medaglie d'oro all' atletica azzurra, andando a vincere le gare di marcia sui tre e sui dieci chilometri.

    Coinquilino di Benito Mussolini in uno stabile di Porta Vittoria, Frigerio sul podio ascolta sbigottito le note di «O' sole mio», la popolare canzone napoletana che la banda belga scambia per l' inno italiano, che all' epoca è la Marcia reale.

    La banda ufficiale che deve suonare gli inni nazionali delle squadre partecipanti si accorge di non avere lo spartito musicale della Marcia Reale italiana (era l'inno del Regno di Italia fino all'avvento della Repubblica e quindi dell'inno di Mameli)

    Dopo un attimo di smarrimento, il maestro fa cenno ai suoi musicisti che subito attaccano a suonare 'O sole mio, da tutti conosciuta a memoria.

    Tutta la folla nello stadio applaude e canta a gran voce i versi di questa che è una delle più popolari canzoni del XX secolo.

    :applausi:

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    basilisco87
    Post: 1.775
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    00 19/12/2014 17:56
    forte sta storia :)
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    CityN
    Post: 9.331
    Registrato il: 13/02/2012
    00 19/12/2014 18:11
    :cry: :applausi:
    [Modificato da CityN 19/12/2014 18:12]
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    Qualer
    Post: 5
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    00 23/12/2014 02:28
    Sono capitato per caso su questo post ed ho visto alcuni post della mia pagina, Storie di Napoli.

    Voglio ringraziarvi per aiutarci nel diffondere la cultura napoletana e, soprattutto, per la correttezza nel segnalare la fonte, cosa che invece moltissimi giornali locali non fanno: tantissime persone si stanno appropriando dei nostri lavori eliminando firma e nomi dalle fotografie e dai testi.
    Vi lascio però con una anticipazione: in primis, a breve apriremo un sito web molto ben strutturato, in cui raccoglieremo tutte le storie.
    In secondo luogo, vi lascio una delle mie storie preferite su di un personaggio poco conosciuto, ma a mio avviso una delle eccellenze meno apprezzate della nostra città.



    Francesco Del Giudice
    Parliamo di Francesco Del Giudice, di cui oggi abbiamo un busto nella villa comunale e diversi suoi scritti, reperibili solo nelle biblioteche più fornite (fra cui quella dell'Università Federico II).
    Attenzione: non bisogna confonderlo con un omonimo cardinale del '600!

    Del Giudice, infatti, nasce a Napoli nel 1815 e durante l'intera sua vita si dedica alla lotta contro il fuoco, con l'unico sogno di poter salvare quante più vite umane possibile.

    I suoi primi lavori riusciamo a recuperarli nell'anno 1848, quando era già diventato Direttore degli "Artigiani Pompieri" di Napoli, corpo fondato nel 1806: si tratta, infatti, di una serie di volumi nei quali sono proposte numerose soluzioni modernissime per combattere gli incendi, partendo dai consigli sui migliori materiali di costruzione per gli edifici ed arrivando addirittura a consigliare un abbigliamento per i pompieri assai simile a quello attuale, con caschetto, mascherina e tuta ignifuga.

    Ma non si ferma qui: Del Giudice arrivò ad immaginare anche che in un futuro, con città sempre più grandi e con incendi sempre più difficili da spegnere, sarebbe servito un pronto intervento rapido ed efficace: bisognava realizzare una camionetta per i vigili del fuoco.
    Si trattava di una semplicissima carrozza che trasportava una enorme caldaia a vapore, capace di creare una pressione necessaria a far funzionare una moderna pompa idrica.

    E ancora: in che modo bisogna gettare l'acqua sul fuoco?
    Del Giudice riuscì a studiare i metodi migliori per spegnere rapidamente gli incendi e per salvare le persone intossicate dai fumi: anno 1851. I suoi studi sono validissimi anche 163 anni dopo.

    Ed arriviamo ad oggi: quest'uomo è ricordato nella Villa Comunale con un busto dallo sguardo austero ed orgoglioso, rivolto verso il mare, con una iscrizione: "Francesco Del Giudice - Fondatore del corpo dei Pompieri".
    Preso a pallonate dai bambini, vandalizzato più di una volta con graffiti di innamorati, ignorato completamente dai passanti nel migliore dei casi.
    Forse la damnatio memoriae è un po' il triste destino degli eroi: come nel mondo tanti pompieri senza nome si sono sacrificati per strappare anche una sola vita dalle fiamme, così molti uomini sono oggi in vita grazie a Del Giudice. Ma semplicemente non lo sanno.

    -Federico Quagliuolo


    Storie di Napoli

    Un saluto a tutti!
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    bartol0
    Post: 5.924
    Registrato il: 14/02/2012
    Sfasteriuser
    00 23/12/2014 16:44
    benvenuto sul forum e complimenti per la tua bellissima pagina, Federico.

    a Del Giudice è stata anche intitolata la strada su cui affaccia il retro della storica caserma dei pompieri di via del Sole.

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