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Tempeste, taverne, fughe e vendette c' era una volta lo scoglio di San Leonardo
09 febbraio 2012 — pagina 2 sezione: NAPOLI

GIUSTO all' altezza della Rotonda Diaz, dove si svolgeranno le selezioni per le regate di Coppa America, in linea con la Cassa Armonica e a meno di cinquanta metri dall' attuale scogliera, sorgeva l' Isolotto di San Leonardo. Non un semplice scoglio, ma un vero e proprio borgo, con tanto di stratificazioni abitative (prima chiesa, poi convento, abitazioni, ormeggi ed anche una rinomata taverna), realizzato al riparo dai venti, nel seno più interno del Golfo, cancellato dalla progressiva trasformazione della Villa Reale di Chiaia. Eppure non fu uno scoglio fatuo: San Leonardo (o meglio, Sallonardo, come lo invocavano le partorienti, delle quali era patrono) ha retto quasi otto secoli, dalla sua "fondazione" nel 1028 ad opera di Leonardo d' Orio, gentiluomo castigliano, che vi fece costruire una chiesa per adempiere ad un voto dopo essere scampato ad una tempesta, fino agli albori del XIX secolo. Ed essendo il Santo, secondo un inspiegabile abbinamento, il protettore, oltre che delle partorienti, anche di carcerati, prigionieri e naufraghi, la chiesae l' isolotto divennero ben presto il rifugio dei barboni. Suggestivo il racconto che ne fa Benedetto Croce ne "La Villa di Chiaia": "Percorsi i due terzi della spiaggia, a quel punto del presente boschetto della villa, che risponde di fronte ai vicoli della Cupa e di San Guido (poco prima della chiesa di San Giuseppe), si vedeva nel mare la Chiesa e Convento di San Leonardo in insula maris. Una porta ad arco, sormontata da una croce, metteva in un ponte, che conduceva all' atrio d' una casa, donde si passava in una chiesetta". L' edificio religioso, dotato dal suo fondatore di quaranta ducati annui, fu servito dapprima da monaci basiliani e in seguito passò alla dipendenza delle monache domenicane dei SS. Pietro e Sebastiano. Nelle cronache del Celano e dal testo di Croce apprendiamo il ruolo cruciale dell' Isolotto in alcune delle più cruente vicende della storia di Napoli: da qui partì, o meglio fuggì, nel maggio 1419, il Re Giacomo, marito di Giovanna II; ma la chiesetta è famosa soprattutto come teatro della fuga, "colla quale Giovannella, o Vannella, o Bannella, o Mandella Gaetana, Principessa di Bisignano - scrive Benedetto Croce - salvò sé e i figliuoli dalla vendetta di Ferrante d' Aragona". La congiura dei Baroni del 1485 segnò profondamente la storia del Regno di Napoli e il destino dell' Isolotto. In quegli anni si deve al Porzio una dettagliata descrizione del borgo di San Leonardo: "A Napoli da occidente, lungo il lito del mare, ha una contrada nominata Ghiaia; nel cui mezzo, dentro dell' onde, è una chiesiuola a San Leonardo dedicata, ove per un ponte da terra si varca (...)". Nel corso del XVI secolo, alla cappella furono uniti alcuni edifici per le monache di San Sebastiano e per un sacerdote che vi celebrava messa. Verso il 1580 la chiesa fu rifatta e fu realizzato, al posto delle case, un piccolo monastero per ospitare sei frati dell' ordine domenicano. Presso la spiaggia sorgeva la Taverna di Florio, che, come scrive Salvatore Di Giacomo nel suo "Taverne famose napoletane", con il Cerriglio e quella del Crispano, formava la triade delle taverne napoletane famose sul cadere del secolo XVI. La decadenza del borgo è datata gennaio 1648: San Leonardo fu teatro di un attacco tra gli Spagnoli e i popolari napoletani, che se ne impadronirono dopo un accanito combattimento. Il conventino dei frati domenicani fu abolito e le monache vi tennero un vicario dello stesso ordine. Dopo sette secoli dalla fondazione del borgo, le case, ormai fatiscenti, erano occupate, alternativamente, da gente di malaffare, contrabbandieri e soldati. Sul finire del XVIII secolo il convento è ancora lì, come documentano le cartografie di Baratta, Barra, Petrini ed altri, ma soprattutto una delle " Vedute urbane" di Papworth: la spiaggia si va avvicinando sempre più alla chiesa per riempimenti naturali o artificiali. Dall' entrata del ponte fino all' estremo dello scoglio, Croce calcola, sulla base della pianta del Duca di Noia, un' estensione di circa 45 canne. All' inizio dell' Ottocento solo una parte della chiesa resta ancora dentro mare, fra l' acqua e la spiaggia, per essere poi definitivamente abbattuta nell' ambito dei lavori di completamento della Villa Reale. - FRANCESCO BELLOFATTO

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