'O fattariello: storie, aneddoti, racconti, leggende

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CityN
00giovedì 30 gennaio 2014 11:18
Ogni cosa (vera o quasi) che si riferisca alla nobile storia di Napoli e dintorni
Ci mancava un thread del genere, dove poter inserire quanto scritto in titolo. Racconti, storie, anche profili di personaggi illustri o che hanno legato il nome a Napoli.

Vorrei cominciare con questo articolo sul famoso duca di Sandonato, al secolo Gennaro Sambiase Sanseverino, sindaco ottocentesco di Napoli, figura storicamente controversa e discordante.

Sandonato, duca smargiasso

Tra coloro che pur non meritando un monumento vanno ricordati per l' iperbolico spessore che nel bene e nel male seppero dare alla loro vita, vi è don Gennaro Sambiase duca di Sandonato. Costui per la vitalità prorompente, per gli insaziabili appetiti e per la figura fisica si apparenta a Falstaff. Campione di demagogia ma in fondo generoso, intrallazzatore e pessimo amministratore del danaro pubblico.

Ricco di idee talvolta anticipatrici, don Gennaro fu nell'Ottocento un vistosissimo protagonista della politica napoletana. La sua gran stazza corporea non gli impedì il superattivismo; grosso com' era non si mostrò mai stanco e bisognoso di appoggiare i suoi lardosi quarti a una sedia. E con pari passo procedeva il suo ottimismo, mai velato da una preoccupazione.

Per i popolani irraggiava addirittura speranze, sicché lo seguirono trovando in lui un uomo politico sempre pronto a farsi carico delle loro difficoltà. Il più delle volte il suo fu un aiuto illusorio, pure, per i meno abbienti, bastò l' essere ascoltati, il trovare sempre la sua porta aperta, per amarlo chiamandolo "il duca nostro". Quest' uomo si può dire che non ebbe mai una vita privata. Era nato per stare in mezzo agli altri, per rumoreggiare, vociare, polemizzare, progettare per sé e per il suo vasto seguito, anche per imbrogliare.

La sua vitalità annullò l' ingombro del suo fisico pachidermico proiettandolo in mille direzioni, sempre sicuro di riuscire, di travolgere qualsiasi ostacolo. E cominciava presto la sua giornata. Già nelle prime ore la sua casa era più piena d' un teatro con spettacolo di successo. Ciò non lo turbava minimamente, né lo stancava. Si ricorreva a lui per un' infinità di faccende piccole e grandi, e il duca riceveva tutti stando a letto o assiso su quel che monsignor Della Casa nel suo "Galateo" chiamava "pezza degli agiamenti" e la gente comune cantero; termine della lingua italiana, come attesta il Rigutini. Sul profumato trono di terracotta smaltata, don Gennaro concionova, faceva promesse, garantiva raccomandazioni, rianimava i disperati, racchettava i violenti; in breve col suo faccione di tribuno bonario, dava ai popolani e ai piccolo-borghesi l' illusione di essere ascoltati da chi contava.

Ma davvero contava? Nato nel 1823, Gennaro Maria Sambiase duca di Sandonato iniziò la sua carriera presso l' Intendenza di Caserta col modesto grado di impiegato. Era giovane e di idee liberali. Dapprima seppe celarle, poi nelle infuocate giornate del 1848 in qualche modo dovette manifestarle, perché fu destituito e costretto all' esilio. Si aprì in tal modo il periodo più drammatico della sua vita, ché peregrinò fra molte città italiane, svizzere, inglesi, tedesche e francesi; un periodo che durò ben 10 anni. Non è facile immaginarlo l' euforico Sambiase, irriducibile alla malinconia e a qualsiasi fastidiosa ombra - come a lungo apparve - in questi anni tribolati da molte difficoltà e in primo luogo dallo sradicamento.

Ma infine poté tornare a Napoli. Chiusa la parentesi nera, ora poteva iniziare il recupero del tempo perduto forte del suo passato di antiborbonico. Inseritosi nel nuovo corso politico, ebbe nel 1860 il grado di colonnello della Guardia Nazionale e l' incarico di sovrintendente dei teatri. Il suo populismo si manifestò subito e d' istinto scelse la via del gran maneggione sempre pronto a raccomandare e a raccomandarsi, a trattare con chiunque pur di aver un vantaggio, in ciò aiutato da un' esimia faccia tosta: la sua morale era andare avanti senza chiedere chi fossero i suoi compagni di strada. Non mancava di grossolana retorica, e ne fece uso e abuso, poco curandosi di chi considerava sgrammaticati i suoi discorsi.

Ugualmente, torreggiante con la sua flaccida mole, si fece largo tra i concorrenti al potere: gli ostacoli travolti furono molti, come le cariche che ottenne. Fu difatti direttore del Banco di Napoli, presidente del consiglio provinciale, consigliere comunale e poi sindaco di Napoli, deputato nazionale. A queste vanno aggiunte un buon numero di cariche minori.

La sua massima popolarità il Sandonato la ebbe negli anni in cui fu sindaco, ossia dal 1876 al 1878. Il perfetto demagogo mostrò allora anche qualità positive facendo abbattere i più marci e diruti fondaci, costruendo mercati, dando impulso all' Acquedotto di Serino, ideando la villa del popolo, che doveva offrire un grato luogo di passeggio ai popolani del centro. Tale villa, ubicata alla Marina, non ebbe lunga vita assorbita poi dal Porto, fu però un tangibile segno della volontà di offrire anche ai meno fortunati dei vicoli gli agi che i nobili godevano nell' aristocratica villa di Chiaia. I conti comunali in quel periodo andarono in rosso, ma la vastissima clientela di don Gennaro, con suo giubilo, s' infoltì ulteriormente.

Del resto, avere le "masse" con sé era stata sempre la sua arma vincente. Popolarità riconosciutagli dallo stesso re Vittorio Emanuele II, il quale, venuto a Napoli, gli chiese scherzosamente: mi permettete di venire nel vostro regno? Gli uomini di cultura ovviamente non l' amarono. E ricordo Vittorio Imbriani, che nel racconto "La bella bionda", ribattezzatolo Caterinicchio, lo ritrasse coi grotteschi tratti d' un imbroglione cordiale e facchinesco per giunta definendolo "duca senza duchessa e (quel che è peggio) senza ducati".

Ma più del racconto Sandonato soffrì per un suo sonetto giovanile apologetico per i Borboni ripescato dall' Imbriani e pubblicato sul giornale "La Patria" nel 1869. Tentò allora di reagire querelando il giornale, presto però ritirò la querela. Anche il filosofo Silvio Spaventa lo aborriva e una volta disse a Benedetto Croce irridendo a chi cianciava di federazioni, che qualora si fosse realizzato un tal disegno "voi napoletani avreste per presidente il duca Sandonato". Critiche e astio che non scalfirono la popolarità di don Gennaro, che visse euforico e ottimista fino al 1901, anno in cui si spense con dolore dei popolani, che piansero sincere lacrime per chi avevano riconosciuto loro difensore e paladino.

Giovanni Amedeo

Repubblica, 30 settembre 2007
Ninconanco81
00giovedì 30 gennaio 2014 11:26
E' vero ci voleva
E brav a Cityclass
ad maiora...
Skeltar
00martedì 4 febbraio 2014 18:20
Ottima idea.
A me 'ste "storielle" fanno impazzire.
Fab_laboratorionapoletano
00venerdì 7 febbraio 2014 20:40
divieto di giocare a pallone... del 1764
Non so se abbiate mai notato la lunga epigrafe posta in piazza San Domenico Maggiore... è un banno in cui si fa divieto di giocare a pallone, a carte e di far numerose altre cose (fittare sedie, giocare coi dadi, vendere frutta, etc.) ... da notare il numero di palloni dimenticati proprio sopra questa lapide antica...
www.laboratorionapoletano.com/2014/02/vietato-gettare-rifiuti-e-gioc...
CityN
00mercoledì 26 marzo 2014 12:07
ARCHEOLOGIA: Lo sapevate che anche Napoli ha la sua Nike?
Eh, si, proprio come la famosa Nike di Samotracia, custodita nell'altrettanto famoso museo del Louvre.

Eccola qua:

Fu trovata nel maggio 1893 sotto la chiesa di Sant'Agata degli Orefici, mentre la si stava demolendo per il Risanamento. Questa chiesa, di origini cinquecenteshce, era lunga e stretta e sorgeva presso corso Umberto, in maniera perpendicolare e al centro dell'odierna via Antonio Scialoja.

In quell'occasione fu ritrovato un portico di dodici colonne in marmo fondato su una struttura più antica. Molto probabilmente era stato individuato un edificio (in particolare un ambulacro, una specie di luogo di passeggio) relativo all'antico ginnasio, che doveva sorgere proprio in questa zona. Ricordiamo che a poca distanza è stato ritrovato il tempio dei giochi Isolimpici. Inoltre è stata ritrovata anche un'erma raffigurante Eracle, quindi l'ipotesi del ginnasio è molto più fortificata. Con ogni probabilità insomma la zona degli Orefici e in genere la zona meridionale, al di sotto delle mura (ovviamente con le dovute differenze di costa tra ieri e oggi), era la sede delle attività agonistiche (e anche ricreative, dunque le terme) della città.

La "Nike di Napoli" è custodita al Museo Archeologico, è alta circa un metro e mezzo, è acefala, senza ali e senza braccia, è di epoca flavia (fine primo secolo dopo Cristo) ed è una bella copia di alcuni soggetti scultorei greci rappresentanti la Nike, cioè la Vittoria, raffigurata come alata e con una palma in una mano.

È infatti molto simile alla Nike di Paionios, che è stata eseguita nel V secolo a.C. dallo scultore greco Peonio di Mende (il cui nome trascritto letteralmente dal greco è Paionios) per il santuario di Olimpia e oggi visibile nel museo archeologico della città greca.
bartol0
00mercoledì 26 marzo 2014 13:12
[SM=p2820491] è esposta tra le statue della collezione Farnese, mi pare.
granpacco
00giovedì 27 marzo 2014 14:44
Re:
bartol0, 26/03/2014 13:12:

[SM=p2820491] è esposta tra le statue della collezione Farnese, mi pare.



guardate che se non sbaglio a napoli è stata trovata un altra Nike durante gli scavi della metro che adesso è esposta nella stazione museo, spero di non sbagliarmi a dire che sia una nike e forse proprio del periodo greco, ma siccome non ne sono sicuro attendo che qualcuno mi smentisca


granpacco
00giovedì 27 marzo 2014 14:47
[SM=g3545873] ecco svelato l'arcano, la nike non è esposta al museo archeologico, bensi nella stazione neapolis della fermata Metro :)
bartol0
00giovedì 27 marzo 2014 17:37
ah giusto! sta tra i reperti ritrovati durante gli scavi della stazione Duomo, quindi un'ubicazione sicuramente azzeccata.
granpacco
00giovedì 27 marzo 2014 19:01
Re:
bartol0, 27/03/2014 17:37:

ah giusto! sta tra i reperti ritrovati durante gli scavi della stazione Duomo, quindi un'ubicazione sicuramente azzeccata.



questa nike è stata trovata al borgo orefici nel 1893 quindi non credo faccia parte dei ritrovamenti dovuti agli scavi della metro, credo sia stata posizionata li in quanto espressione della varietà di reperti che rappresentano le varie fasi storiche della città


bartol0
00giovedì 27 marzo 2014 20:10
la Nike sta lì perchè era parte integrante del complesso dei giochi isolimpici, il cui tempio ed altre testimonianze sono venute alla luce coi lavori della metropolitana ;)
CityN
00sabato 12 aprile 2014 13:01
CityN
00lunedì 12 maggio 2014 16:13
ForzaNapoli.80
00mercoledì 11 giugno 2014 12:09
«Dracula è sepolto a Napoli. Sappiamo dov'è la sua tomba». La clamorosa rivelazione dei ricercatori


www.ilmattino.it/NAPOLI/CRONACA/dracula-napoli/notizie/7390...
CRIME 80
00mercoledì 11 giugno 2014 12:42
Re: La grande creatività dei napoletani: Lello Feltrinelli
CityclassR4, 12/04/2014 13:01:

http://napoli.repubblica.it/cronaca/2014/04/11/foto/curiosit_napoletane_e_un_falso_storico-83321064/#6

[SM=x2819679] [SM=x2819650]




io da lello ho preso diversi libri. [SM=p2820491]
Coma White
00mercoledì 11 giugno 2014 15:45
Re: ARCHEOLOGIA: Lo sapevate che anche Napoli ha la sua Nike?
CityclassR4, 26/03/2014 12:07:

Eh, si, proprio come la famosa Nike di Samotracia, custodita nell'altrettanto famoso museo del Louvre.




granpacco, 27/03/2014 14:44:



guardate che se non sbaglio a napoli è stata trovata un altra Nike durante gli scavi della metro che adesso è esposta nella stazione museo, spero di non sbagliarmi a dire che sia una nike e forse proprio del periodo greco, ma siccome non ne sono sicuro attendo che qualcuno mi smentisca






granpacco, 27/03/2014 14:47:

[SM=g3545873] ecco svelato l'arcano, la nike non è esposta al museo archeologico, bensi nella stazione neapolis della fermata Metro :)




bartol0, 27/03/2014 17:37:

ah giusto! sta tra i reperti ritrovati durante gli scavi della stazione Duomo, quindi un'ubicazione sicuramente azzeccata.



[SM=x2819669]
Non ho capito, da quello che dite qua pare che di Nike non ce ne sia una, ma ce ne siano almeno tre. [SM=g6937] [SM=g3040391]

E poi quale sarebbe la stazione Neapolis della metro? [SM=x2819775]


Allora una Nike sta pure al Vomero. [SM=p2982591]
Coma White
00mercoledì 11 giugno 2014 15:49
Re: «Dracula è sepolto a Napoli. Sappiamo dov'è la sua tomba». La clamorosa rivelazione dei ricercatori
ForzaNapoli.80, 11/06/2014 12:09:



Questo spiega tante cose, in particolar modo da dove siano venuti fuori tutti questi discendenti che lavorano ai Ministeri. [SM=p2820491]
CityN
00mercoledì 11 giugno 2014 17:14
Coma, non pensare a sti mezalengua, una e una sola Nike è stata ritrovata a Napoli e non in un cantiere della metro. Sta esposta nella "stazione Neapolis" per dare senso e completezza ai ritrovamenti archeologici della zona (quindi è visibile VICINO a quelli della stazione Duomo).
Coma White
00mercoledì 11 giugno 2014 17:28
Re:
CityclassR4, 11/06/2014 17:14:

Coma, non pensare a sti mezalengua, una e una sola Nike è stata ritrovata a Napoli e non in un cantiere della metro. Sta esposta nella "stazione Neapolis" per dare senso e completezza ai ritrovamenti archeologici della zona (quindi è visibile VICINO a quelli della stazione Duomo).




Ma dove si trova questa stazione Neapolis? [SM=x2819775]
_Gio'_
00mercoledì 11 giugno 2014 17:32
Re: Re:
Coma White, 11/06/2014 17:28:




Ma dove si trova questa stazione Neapolis? [SM=x2819775]




Sta sotto l'ingresso del museo archeologico nazionale.
CRIME 80
00mercoledì 11 giugno 2014 20:59
Re: Re:
Coma White, 11/06/2014 17:28:




Ma dove si trova questa stazione Neapolis? [SM=x2819775]




[SM=p2820489] [SM=g3815406] [SM=g2982593] ma esiste da oltre 10 anni e tu ancora non la conosci? Cioè dopo anni che sei sui forum?

[SM=x2825940]
Coma White
00giovedì 12 giugno 2014 01:00
Re: Re: Re:
CRIME 80, 11/06/2014 20:59:




[SM=p2820489] [SM=g3815406] [SM=g2982593] ma esiste da oltre 10 anni e tu ancora non la conosci? Cioè dopo anni che sei sui forum?

[SM=x2825940]


E voi non ci siete mai andati, nei vostri giri. [SM=x2819667]
CityN
00giovedì 12 giugno 2014 09:14
E c'hai pure tu ragione! Basta che si scattano le fotine ai lungomari o ai cantieri e si strafocano di babbà e caffè... [SM=x2819341] [SM=x2819346]
Coma White
00giovedì 12 giugno 2014 11:10
Re:
CityclassR4, 12/06/2014 09:14:

E c'hai pure tu ragione! Basta che si scattano le fotine ai lungomari o ai cantieri e si strafocano di babbà e caffè... [SM=x2819341] [SM=x2819346]



Ma serio, poi oramai si perde più tempo in chiacchiere, caffè e babbà che si deve fare Luigi che a fare visite.
Ninconanco81
00martedì 17 giugno 2014 11:25
[IMG]http://i59.tinypic.com/2d0x76e.jpg[/IMG]
Napoli, 27 maggio 1934.
Era uno stadio Ascarelli semivuoto, con appena novemila sgabelli su trentamila occupati, quello che accolse gli ottavi finale tra Ungheria ed Egitto.
La città ospitava per la prima volta un match dei Campionati mondiali che si svolgevano in Italia.
Per l'occasione, lo stadio fu rinominato "Partenopeo", dato che il suo patron Giorgio Ascarelli, presidente della squadra del Napoli, era di origini ebraiche: uno smacco che il regime fascista non avrebbe tollerato.
La foto, scatto rarissimo proveniente dal Fondo Troncone, è stata pubblicata sulla pagina Facebook ufficiale dell'archivio Parisio. Oggi l'arena Ascarelli non esiste più, rasa al suolo dai bombardamenti del 1942 durante la Seconda Guerra mondiale. Al suo posto, il rione Luzzatti Ascarelli, zona Gianturco.
Per la cronaca, la partita terminò 4 a 2 per l'Ungheria, che si qualificò ai quarti (dove fu sconfitta dall'Austria). Il Mondiale invece andò all'Italia. Fu la prima volta che gli azzurri, allenati da Vittorio Pozzo, si aggiudicarono il titolo (paolo de luca)
BiagPal
00giovedì 26 giugno 2014 18:42
Vi mostro questo servizio interessante andato in onda su "L'Italia de Il Settimanale" relativo all'eruzione che portò alla nascita di Montenuovo nel 1500.

CityN
00sabato 5 luglio 2014 12:50
La storia del cavallo di bronzo del Duomo


Questa immagine mi ha suscitato l'interesse per una storia in cui realtà e leggenda (ma anche mistero e vaghezza) si uniscono per formare una di quelle tantissime storie con pochi punti certi relative alla nostra città.

Tra poco su queste pagine!
Coma White
00giovedì 11 settembre 2014 09:51

La vera storia di Topolino: Mikey Mouse ha origini napoletane!


Navigando in rete si scoprono storie al limite dell’incredulità, come quella che attribuisce la paternità di Topolino ad un Napoletano, proprietario di un’azienda di sciroppi e liquori con sede a Caivano, nata nei primi anni ‘20 del secolo scorso. A quanto pare questa storia sembra essere abbastanza conosciuta nell’ambiente e numerosi storici ed intellettuali hanno indagato sull’effettiva credibilità di una simile teoria. Da Angelo Forgione a Marco Rossano, da Ruggero Guarini all’archivio Flavio Beninati, la lista di coloro che si sono occupati delle origini partenopee di Topolino sembra essere piuttosto lunga e nutrita.

Dalle ricerche effettuate sembra proprio che il Topo del visionario Walt Disney abbia in realtà numerosi punti di contatto con quello stampato sulle etichette dell’azienda “La Sorgente” di Carmine Cammardella. Gambe esili, coda lunga, pantaloncini corti e grandi bottoni sulle tasche, guanti e grandi occhioni: insomma un sosia perfetto del famosissimo “Mickey Mouse” statunitense, nato però ben sette anni prima del suo gemello.



La leggenda vuole che il disegno napoletano sarebbe nato dalla mano e dalla fantasia di Michele Sòrece, ispirato proprio dal suo nome. Sòrece, partito a metà degli anni ‘20 per trovare fortuna negli Stati Uniti, una volta giunto in terra americana avrebbe conosciuto un giovane e ambizioso Walter Elias, meglio conosciuto al grande pubblico come Walt Elias Disney. Ma dalle ricerche effettuate da Forgione pare non sia emerso alcun documento a riprova di una simile ipotesi. Non esiste infatti alcun Michele Sòrece emigrato negli Usa, si potrebbe quindi pensare che tutta questa storia sia stata costruita a mestiere.

Molto più probabile invece che a disegnare il topolino sia stato un illustratore dell’epoca, Quirino Cristiani, nato in Italia negli ultimi anni dell’800 ed emigrato in Argentina per circa 5 anni. Quirino, famoso grafico di inizio secolo, fu contattato da Cammardella per realizzare un logo facile da ricordare. In un’epoca come quella, dove la maggior parte dei consumatori non sapeva leggere, era importante contare su un’immagine forte capace di identificare il prodotto.



La nipote di Carmine Carmadella, attualmente proprietaria dell’azienda, ha così commentato la questione: «Era un’epoca molto diversa dalla nostra – dice – in cui l’ultima cosa che mio nonno avrebbe pensato di fare, sarebbe stata quella di andare a vedere cosa si faceva negli Stati Uniti, o che aria tirasse in America in materia di marchi, mentre era intento a preparare con amorevole cura il suo Anice Reale da distribuire nei bar e nei caffè di Napoli. La scelta di un topolino come simbolo dell’azienda è dunque stata assolutamente casuale, nata dalla penna di un disegnatore a cui mio nonno aveva commissionato appunto un disegno che potesse diventare il marchio della antica ditta “La Sorgente”. Tutto quello che è successo dopo è noto a tutto il mondo, ma come siano andate esattamente le cose nessuno lo sa; so che questo disegnatore, emigrato in America in cerca di maggiore fortuna, si sia poi imbattuto in quello che sarebbe diventato il padre di Mickey Mouse a cui, per riconoscenza, avrebbe donato una bottiglia di quell’Anice Reale napoletano con su disegnato un topolino».

A quanto pare a supporto di una simile teoria esiste più di una prova che ci permette di dire, con una certa credibilità, che topolino sia proprio nato a Napoli per trasferirsi solo qualche anno più tardi, nell’America del boom economico e del sogno imprenditoriale!

CityN
00domenica 28 settembre 2014 18:04
Quando la bionda nasceva in collina... a Miano! (ma anche a Capodimonte)

Napoli vanta un'antica tradizione nella produzione della birra: è stata un importante centro di produzione della famosa "bionda", forse tra i più antichi d'Italia...

Inizialmente gli impianti esistenti erano di dimensioni modeste e limitati ad alcuni monasteri e piccole imprese a conduzione familiare, anche per la difficoltà di creare e conservare il "freddo", importantissimo per la produzione della birra su scala industriale.

Fu la famiglia Peroni a impiantare un primo stabilimento italiano di produzione della birra a carattere industriale, a Vigevano nell'anno 1846, ma la svolta produttiva si ebbe nel 1905, quando i fratelli Giovanni e Cesare Peroni, dopo attenti studi ed esperienze intraprese oltralpe, in particolare presso gli esperti maestri birrai tedeschi, introdussero in Italia l'arte di fare birra "a bassa fermentazione".

Negli anni che seguirono i Peroni ebbero un notevole successo, fino ad acquisire diverse piccole realtà produttive italiane, come le preesistenti "Birrerie Meridionali di Napoli", che a partire dal 1930 furono rinominate in "Birra Peroni Meridionale". La sede dello stabilimento napoletano era impiantata a Capodimonte, al corso Amedeo di Savoia, nel luogo dove oggi sorge un grosso condominio di abitazioni private. Ma lo stabilimento di Capodimonte si mostrò subito insufficiente per la aumentata richiesta di produzione di birra, anche perché non consentiva la possibilità di una espansione produttiva.

Si decise quindi per la delocalizzazione dello stabilimento. Fu Franco Peroni a far costruire a Miano il birrificio più moderno dell’epoca, che fu completato e inaugurato, a distanza di pochi anni, nel 1953. La zona era allora ancora una parte periferica della città di Napoli dedita prevalentemente all'agricoltura.

Lo stabilimento napoletano era avveneristico per l'epoca, perché dotato di ampi e moderni locali e capannoni, impianti di produzione e di imbottigliamento a ciclo continuo e ben quattro pozzi di notevoli profondità, che lo rendevano autonomo per il fabbisogno di acqua. In ricordo del fondatore, nei giardini del bel parco interno allo stabilimento una bellissima fontana artistica era stata dedicata a Franco Peroni.

In prossimità dell'ingresso principale fu costruita la "Terrazza Peroni": un locale pizzeria/birreria, con una vasta terrazza all'aperto, dove era possibile gustare, in ogni periodo dell'anno, la birra "alla spina" prodotta nel vicino stabilimento. La Terrazza Peroni ebbe un grande successo, moltissimi infatti erano gli avventori che provenivano da ogni parte della città e anche da fuori provincia, giunti in questo locale per trascorrere una serata spensierata tra amici e parenti, all'insegna della buona birra italiana.

A pochi anni di distanza furono inaugurati in Italia altri tre importanti stabilimenti: nel 1963 a Bari, nel 1971 a Roma e nel 1973 a Padova. Nel 1963 la "Birra Peroni" ebbe un grosso salto di qualità, con la creazione, nel proprio ambito industriale, del marchio "Nastro Azzurro": una qualità di birra che riscosse subito un grande successo in Italia ed all'estero.

Gli anni ‘70-’80 registrarono la crescita delle esportazioni e l'affermazione della birra italiana sui mercati esteri, fino a raggiungere gli Stati Uniti d'America.

Nell'ultimo ventennio del secolo scorso lo scenario europeo e mondiale è cambiato notevolmente a causa del mercato globale, che impone sostenute forme di concorrenza, specie con i nascenti mercati asiatici...

Nel 1984, per reggere il passo, furono chiusi diversi depositi e stabilimenti italiani della Peroni, come quello di Livorno, mentre la produzione restava concentrata solo negli stabilimenti di Roma, Napoli, Bari e Padova.

Arriva, infine, il tempo delle "multinazionali" anche nel campo della produzione birraia in Italia...! Nel 2003, l'ultima discendente della famiglia Peroni vende la maggioranza delle azioni a una multinazionale sudafricana.
Nel 2005 chiude lo stabilimento di Miano, giudicato dai dirigenti poco strategico per gli obiettivi industriali e commerciali del nascente gruppo.

La chiusura dello stabilimento di Miano segna, purtroppo, la fine dell'unica realtà produttiva di grande respiro esistente nel territorio a nord di Napoli, che forniva lavoro a oltre 150 dipendenti, con grandi ripercussioni anche su un vasto indotto, esteso a tutta l'area napoletana.
A distanza di tempo la ex fabbrica di Miano attende la conclusione dell'intervento di ristrutturazione urbanistica, allo stato messo in cantiere, che prevede la realizzazione di un albergo, di civili abitazioni, di un centro commerciale, di una scuola, di una palestra e di un parco pubblico.

Salvatore Fioretto

piscinola.blogspot.it/2014/09/quando-la-bionda-nasceva-in-collinaa.html?...



Nell'articolo ci sono varie fotografie interessanti, ma questa più di tutte perché non comune: il corso Amedeo di Savoia con a destra l'impianto industriale (c'è anche un bel tram - con ogni probabilità una carrelli - che scende...).



carlet
00martedì 7 ottobre 2014 11:09
E' bello trovare in rete giornali che si dedicano ancora alla cultura..

Vesuvio Live - L'omm ca vulev murì

Leggete e fatemi sapere cosa ne pensate..
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