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Campania | Ambiente e Salute

Ultimo Aggiornamento: 24/03/2020 12:28
27/10/2013 13:30
 
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condivido skeltar.

questo articolo "riassume" benissimo ciò che è successo ieri.



Terra di fuochi: “Boicottiamo le banche e gli interessi economici di politici e imprenditori”


Boicottaggio degli interessi economici di politici e imprenditori e stop ai roghi tossici e agli sversamenti illeciti di rifiuti prima di pensare a una qualsiasi forma di bonifica. È questa la proposta che viene dalla mobilitazione generale indetta dalla Terra dei fuochi, che oggi ha riempito il centro cittadino. O meglio, la proposta del leader del movimento La Terra dei Fuochi, Angelo Ferrillo, organizzatore e protagonista della manifestazione e detentore, per un intero pomeriggio, del microfono e della possibilità di parola.20131026_155010Grandissima la partecipazione popolare. Per la Digos i manifestanti sono diecimila, per noi che c’eravamo non meno di quarantamila. Tanti i giovani, anche giovanissimi, che hanno sfilato da piazza Dante a piazza del Plebiscito, passando per via Roma, piazza Matteotti, via Medina e piazza Trieste e Trento. Tanti gli striscioni e i cartelli, pochissimi a rappresentare associazioni e comitati: era stata questa, infatti, la richiesta esplicita dell’organizzatore, contrastata più volte, nei giorni scorsi, dagli stessi comitati, disorientati di fronte al fatto che l’unico simbolo presente in piazza dovesse essere quello de La Terra dei fuochi. Come dire, la perfetta autocelebrazione di protagonismo.

Eppure, nei cartelli presenti, c’erano centinaia di persone e di istanze, quasi tutti i comuni della provincia a nord di Napoli e a sud di Caserta, dove in ogni famiglia c’è un morto o un ammalato di tumore, da Marcianise a Bacoli, da Castel Volturno a Gricignano, da Giugliano ad Acerra. Ma c’erano anche Salerno e Taranto, i No Tav, i no agli inceneritori, i sì alle bonifiche, purché controllate. C’erano la nona e la decima municipalità di Napoli, dove i dati dell’Osservatorio comunale hanno mostrato un aumento del 50% di mortalità per mesotelioma, la patologia tumorale legata all’amianto. Gli striscioni contro un’Unità d’Italia che ha martoriato il Sud, che l’ha reso pattumiera dell’industria settentrionale (“Tumori in Campania? Industria padana, politica ruffiana, camorra puttana, questa è l’unità italiana. Bonifichiamoci dall’Italia”).

I malati che vivono con lo 048, il codice di esenzione ticket per il cancro e quelli che chiedono l’incenerimento di Bassolino, visto come uno dei principali responsabili politici dello scempio rifiuti in Campania. C’era chi si chiede Napolitano, in tutti questi anni, cosa abbia fatto. E uomini, donne, mamme, bambini piccoli nei passeggini e sulle spalle dei papà, anziani con il solo desiderio di morire sereni, e uomini e donne di mezz’età con una disarmante aspirazione a morire di vecchiaia e non di malattia. Centinaia di coscienze risvegliate, gente comune, tutte in piazza per una causa comune, per salvarsi la vita, per sfilare insieme e chiedere che qualcuno metta fine a uno scempio che porta alla morte quotidiana. A prescindere da chi avesse organizzato la discesa in piazza.

Una mobilitazione nata in rete, ma non in modo spontaneo, anzi, fortemente voluta dall’organizzazione capeggiata da Ferrillo che avrebbe rifiutato di concordare con il resto dei comitati una data comune (poi individuata, dalla maggior parte dei comitati, nel 16 novembre) per il desiderio di organizzare qualcosa di esclusivamente suo. Una mobilitazione aperta da una conferenza stampa a cui hanno partecipato quegli stessi media locali accusati, da Ferrillo, di aver boicottato l’informazione sfavorendo l’aggregazione, impedendo il raggiungimento dell’obiettivo originario: raggiungere i 100mila partecipanti, per offrire loro 100mila caffè.

Il no alle bonifiche da parte dell’organizzatore è netto: “Di che bonifiche parlano se il territorio è senza controllo? – dichiara Ferrillo – Dove la mattina hanno scavato, la sera incendiano. Le procure esistono?”. Una delle manifestanti è avvilita, dice che non ci sono speranze, che siamo tutti condannati. Lui le chiede se per caso voglia fare lei la conferenza stampa, visto che sta monopolizzando la scena, e poi continua: “Dobbiamo boicottare gli interessi economici, ritirare i depositi dalle banche che sono dietro le bonifiche, questa è la politica”. E poi parla di sé, lui che è da sempre personaggio molto discusso tra i movimenti, lui che rivendica da anni di essere stato il primo, nel torpore generale, a parlare di Terra dei fuochi. Non gli sembra vero di essere seduto a un tavolo e di avere tutti quei microfoni davanti: “Dicono che non vivo a Napoli e che per questo non so cosa succede qui. Ma non è vero, sono doppiamente affezionato alla città perché vivo all’estero.

In questi giorni ho dovuto sopportare vagoni di fango, illazioni sulle donazioni ricevute, mi hanno accusato di voler fare la prima donna. Ma se in sei anni ho preso 3mila euro è pure tanto. Lascio il piedistallo ad altri, i comitati non ci interessano, sono quelli che si scanneranno per le briciole dei soldi delle bonifiche”. Nei giorni scorsi, infatti, la polemica con il Coordinamento Comitati Fuochi ha riempito le pagine dei giornali, così come l’assenza di don Patriciello, di cui Ferrillo si dice “dispiaciuto”, affrettandosi però a chiarire che “non crediamo all’associazionismo. Il vero cambiamento si fa in piazza, nella società civile. Perché Patriciello non è venuto? Dovete chiederlo a lui. Noi saremo ad ogni manifestazione. Mai fatte differenze, abbiamo solo proposto riflessioni”.

E le riflessioni, infatti, accompagnano tutto il corteo, in una sorta di one man show, ma attorniato da centinaia di persone scese in piazza perché stufe di subire in silenzio un genocidio autorizzato. Persone che erano lì per manifestare e che non avevano alcun interesse verso chi fosse l’organizzatore ufficiale della manifestazione. A loro bastava esserci.
Ma l’organizzatore è Ferrillo, uno che senza fare il protagonista proprio non sa stare. E infatti parla di continuo, da solo, attraverso il microfono piazzato sulla macchina che lo accompagna in giro per le strade, dietro un grande striscione a cui fa largo un organizzatissimo servizio di sicurezza composto tutto da volontari. Su via Roma, propone di fare una riflessione sulla camorra, così, estemporanea, che però si perde nell’aere, mentre la gente urla ai negozianti di chiudere le botteghe e unirsi al corteo e a quanti sono affacciati alle finestre di scendere in strada a manifestare con loro.

Un’altra riflessione viene fatta sotto la Questura: “C’è tanta gente che lavora per strada con uno stipendio da fame mentre i dirigenti guadagnano migliaia di euro l’anno – dice Ferrillo – Il problema è che i vertici sono nominati dalla politica, i dirigenti sono corrotti”. E la gente applaude, mentre urla “assassini”. “Non sono assassini – li corregge colui che si è autoproclamato leader – sono criminali autorizzati, per legge”. E riparte la canzone sulla monnezza che, insieme a “Se io fossi San Gennaro” di Federico Salvatore, accompagna tutto il corteo. Mentre lui, Angelo, recita: “Ci hanno tolto l’aria, ci hanno rubato il colore del cielo. Napoli aveva un cielo bellissimo”. E sobilla i cittadini: “Come mai in tanti anni sono passati 20 camion al giorno e nessuno se n’é accorto, però fermavano noi se non avevamo le cinture di sicurezza? Dove sta la procura? Dove stavano i magistrati? Ci vengono a dire ‘il popolo dov’era’, ma si devono vergognare di chiederlo. Loro dov’erano?”.

Arrivati sotto al Comune, un’altra riflessione contro un’amministrazione che ha fatto solo promesse: “Dimettetevi se non siete capaci di mantenerle. Se ci sono soldi per la Coppa America ma a noi serve un impianto di compostaggio, dovete darci l’impianto, altrimenti dobbiamo ringraziare voi se costruiscono inceneritore mentre stiamo sotto il 20% della raccolta differenziata?”.
Sotto al Teatro San Carlo invita i fotoreporter dell’Ansa, se ci sono, a salire sulla macchina per fare le foto, “perché l’Italia intera deve vedere la pagina di società civile che stiamo scrivendo”, mentre il popolo intona il coro “la gente come noi non molla mai”. Insomma, prima la stampa è corrotta e venduta, adesso ci serve, prima la stampa locale sminuisce il movimento, adesso chiamiamo l’Ansa, perché bisogna arrivare lontano, lui deve arrivare lontano. Quasi come in una pantomima, mentre si guarda intorno compiaciuto dall’aver raccolto tanta gente attorno a una causa che poiché ne ha iniziato a parlare sei anni fa, prima di tutti gli altri, deve per forza appartenere solo a lui.

E il corteo arriva in piazza del Plebiscito, fa irruzione nel sabato pomeriggio delle famiglie con i bambini che giocano a pallone. Incita ad occupare la piazza “perché siamo un grande popolo”. Sono le 18,15 e le campane suonano, contribuendo a creare un clima di sacralità quasi surreale. E via ancora all’autocelebrazione: “Abbiamo riempito la piazza senza partiti politici, sindacati o bandiere. Con 150 euro per pochi volantini, e il resto autoprodotti. Abbiamo portato in piazza, vicino al teatro, 25 bagni chimici a spese nostre, e altri 4 per i disabili. Ci hanno fatto pagare la tassa di occupazione di suolo pubblico, 180 euro perché lo abbiamo fatto tramite Onlus, mentre a quel cantante famoso no. Noi siamo qua ma dovrebbero pagare loro questa sera. I 100mila caffè chi li paga? Il prefetto e il questore ci avevano detto che non ce la facevamo a riempire la piazza”.

La piazza è piena, ma non stracolma. Ci sono tanti striscioni, poi a un tratto ne spunta uno più grande, quello del “Comitato no inceneritore” di Giugliano. Angelo si arrabbia. Ha vietato gli striscioni e qualche mascalzona di associazione ha osato portare il suo, come ha potuto? “Il comitato è bene accetto – chiarisce – ma lo striscione no”. Il comitato scalpita per parlare, ma lui dice no: ” Quando organizzi tu, allora parli”. Evviva la democrazia, evviva lo stare tutti uniti sotto lo stesso cielo a cui hanno rubato il colore. Dalla folla gli urlano “fallo parlare, devi far parlare tutti” e lui invece chiede allo staff di mettere la musica a coprire il tutto. Poi chiede al “suo” popolo: “Volete sentire le cose importanti o le urla di queste persone? Domani la stampa parlerà solo di loro”.

Un vociare dalla folla, qualche “buffone” urlato dal pubblico non pagante, che inizia in parte a realizzare di essere stato usato per partecipare a una pantomima. Ma lui, al microfono, chiama la Digos “c’è un problema di ordine pubblico”, dice, ma non vediamo neppure uno spintone, solo un po’ di voce grossa, non capiamo dove sia il pericolo se qualche comitato voglia dire la sua. Ma lui no, non può sopportare che qualcuno osi rubargli la scena anche solo per pochi secondi: “Il corteo lo abbiamo organizzato noi e voi non ci rispettate – dice ai comitati – i soldi se li dividono i politici, gli imprenditori e i comitati. Il più grande ostacolo al cambiamento sono le persone che con i politici ci mangiano”. Alla fine qualcuno dello staff lo convince che forse è il caso di far parlare anche qualcun altro (“i movimenti stanno cercando di creare confusione”, queste le parole usate) e allora, alla spicciolata, anche altri che non siano il grande Ferrillo vengono invitati a dire la loro.

Il primo a farlo è uno del comitato no all’inceneritore di Giugliano: “Non vogliamo l’inceneritore né a Giugliano né altrove – spiega – Abbiamo criticato fin dall’inizio la piattaforma di questa manifestazione perché l’inceneritore è un rogo perpetuo e difficilmente riusciremo a spegnerlo e il sito La terra dei fuochi non sostiene la nostra battaglia. Noi vogliamo la bonifica ma con il controllo popolare. Vogliamo che la bonifica diventi una cosa nazionale, non ci interessa quanto costa, si deve fare punto e basta. Uniti si vince, divisi abbiamo già perso”.

E poi il comitato di Terzigno e qualcuno da Salerno. Poi riprende la parola il leader maximo per chiudere con la proposta della piazza che rappresenta solo lui, perché lui ha organizzato la manifestazione e per altri non ce n’è: “Il boicottaggio economico è la proposta della piazza. Domandiamoci chi sono le banche che finanziano le bonifiche e boicottiamo. Stop ai roghi tossici e agli scarichi. Caldoro ha finito il suo mandato non abbiamo interesse a parlare con uno che a marzo va via. Sotto le eco balle ci sono Fibe e Impregilo con le fideiussioni bancarie. Dobbiamo fare la lotta agli interessi economici non alla politica”.

E poi, l’apoteosi. Un concetto che Ferrillo aveva già chiarito ai giornalisti in conferenza stampa e che adesso fa suo in piazza, davanti a un popolo che un po’ si è spazientito perché ha capito che qualcosa non quadra in questa manifestazione che doveva essere un urlo spontaneo ma che è un delirio di onnipotenza: “Cinquant’anni fa c’era un uomo che diceva I have a dream. Liberò un popolo dalla schiavitù. Anche oggi sarà così. Martin Luther King e Gandhi non si sono mai candidati e hanno liberato popoli. Io non mi sono mai candidato e non mi voglio candidare. Da qui ripartirà Napoli. Ringrazio tutti quelli che sono venuti in piazza, ma spogliatevi delle vostre identità. Noi siamo un movimento di idee che vuole mandare siluri a questi signori. Una piazza strapiena senza andare neanche a Roma”.

Ed è vero: la piazza era strapiena, e senza alcuna identità personale. L’unica era la sua. Quella di Angelo Ferrillo. E de La terra dei fuochi. I have a dream. Ferrillo come Martin Luther King, come Ghandi. È tutto vero, non è una rappresentazione teatrale.



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[Modificato da Mark Corleone 27/10/2013 13:32]
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