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Sempre sul colle di San Potito e sempre in tema di famiglie nobiliari non considerate dai siti sulla nobiltà napoletana

Palazzo Minei

Il palazzo venne costruito a partire dal 1734 per volontà del barone Felice Minei (famiglia siciliana, titolare della baronia di Mineo in Sicilia sin dai tempi dei Normanni, trasferitasi in quel periodo a Napoli), su un terreno acquistato dal monastero di San Giuseppe dei Vecchi. A dirigere i lavori fu Gennaro dell'Aquila, che coordinò una grande squadra di artigiani e artisti. Il palazzo appartenne ai Minei fino alla fine dell'Ottocento. A quel punto, da dimora gentilizia non potè che trasformarsi in un condominio borghese. Il palazzo, alto tre piani, presenta uno splendido portale cuspidato a bugne alterne, attribuito da qualcuno al Sanfelice. In fondo al cortile (invaso dalle solite verande) c'è una nicchia che accoglie un busto muliebre. La scala (appena prima rispetto alla prima rampa, erano posizionate due statue di marmo rubate dai soliti stronzi non molti anni fa) è troppo modesta per gli straordinari standard napoletani. Nel piano nobile sopravvivono due soffitti affrescati, certamente riconducibili alla prima metà dell'Ottocento. In un appartamento del primo piano in anni recenti, rimuovendo delle controsoffittature, sono state rinvenute tre incartate di Pietro Mercurio (documentate e ritenute perdute).
Altra particolarità del palazzo è quella di aver assemblato nel tempo un comprensorio di case. Il supportico (il Vico Rose) con i suoi due ingressi fu creato proprio per permettere agli affittuari di queste case (certamente di status sociale non alto) di accedere a queste case. Della serie: il portale era l'accesso del signore, il supportico dei popolani affittuari. Dal supportico si ha una panoramica generale sul "Cavone".
Il vico Rose è lo sfondo di una scena di un film molto amato da noi napoletani.
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[Modificato da bluesboy94 22/01/2019 15:42]