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Campania | De archaeologia

Ultimo Aggiornamento: 29/03/2019 20:39
13/11/2013 16:13
 
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Sul web gira un simpatico articolo per sdrammatizzare le tensioni di Nocera dopo gli inqualificabili episodi

NOCERINI AI TEMPI DELL’ANFITEATRO E ALL’OMBRA DEL VESUVIO





Fu nel 59 d.c. che Nerone sottopose al Senato i tumulti dell’anfiteatro di Pompei, dopo la rissa tra nocerini e pompeiani. L’episodio costò dieci anni di chiusura. Una sospensione che oggi andrebbe sotto il nome di squalifica.Tacito, nei suoi Annales, racconta i fatti dell’anfiteatro di Pompei, di quando durante lo spettacolo dei gladiatori pompeiani e nocerini si fronteggiarono in una rissa che provocò morti e feriti, violenze e mutilazioni.

Le tensioni tra gli abitanti di Pompei e quelli di Nuceria Alfaterna furono probabilmente determinate non da ragioni “sportive”. Difficile pensare che qualcuno tenesse di più a un gladiatore piuttosto che a un altro. La ragione dello scontro fu economica. Nuceria era stata condotta allo stato di colonia, e questo aveva provocato la sottrazione di alcune terre coltivabili ai pompeiani. Già allora la soluzione di continuità territoriale provocava tensioni e difficoltà di gestione nella “Campania felix”. La perdita di una parte del territorio agricolo suscitò nei pompeiani un forte risentimento nei confronti dei nocerini, i quali, nell’occasione dello spettacolo dei gladiatori, all’esterno dell’anfiteatro, non si sottrassero agli scontri, dove, però, furono proprio i nocerini ad avere la peggio. Morti, persone ferite, senza mani e braccia. Uno scenario drammatico caratterizzò quel giorno che avrebbe dovuto essere giorno dei giochi.
Quando l’imperatore Nerone, risentito per l’accaduto, portò in Senato la questione sulla decisione da adottare, oltre alla “squalifica” di dieci anni dell’anfiteatro, si optò pure per l’esilio del senatore Livineio Regolo, organizzatore dei giochi di Pompei e considerato tra i probabili istigatori.


Dalla Casa dei Dioscuri è provenuto un graffito che ricorderebbe la rissa dell’anfiteatro, mentre l’affresco più celebre è stato rinvenuto presso la “Casa della rissa dell’anfiteatro”, che prende il nome proprio dall’episodio che in quel tempo a Roma fece tanto scalpore. La doppia dimensione dell’affresco rappresenta la rissa tra i nocerini e i pompeiani, contemporaneamente alla lotta tra i gladiatori all’interno dell’anfiteatro. Un doppio piano narrativo di un affresco che oggi potremmo definire ancora attuale, con l’unica differenza che dentro i giochi non si gioca più. Qualcuno è costretto, suo malgrado o meno non sta a noi stabilirlo, a fermarsi.
A Salerno, in occasione del “derby non derby” tra Salernitana e Nocerina è andata in scena una rissa ipotetica, senza vittime, ma che ha ricondotto ragioni territoriali altrettanto preoccupanti, rispetto all’insofferenza di alcuni gruppi ultrà davanti ai provvedimenti di ordine pubblico delle autorità di fronte ai rischi di scontri tra tifoserie così vicine così lontane. Nell’Agro nocerino sarnese, come in molte altre province e regioni, la rivalità calcistica tra le squadre locali viene vissuta spesso con piglio violento, in un atteggiamento votato al sostegno dei più estremi campanilismi, talvolta anche tra comuni confinanti. Ma è improbabile che i nocerini di oggi siano ancora arrabbiati coi pompeiani per quanto accaduto nel 59 d.c.

Secondo alcune fonti storiche sembra che la squalifica decennale all’anfiteatro fu poi ridotta a due anni, per volontà di Poppea, che possedeva una villa di vacanza nei pressi di Pompei. La ragione di questa ipotetica riduzione al provvedimento di chiusura, fu anche il violento terremoto del 62 d.c.

A distanza di quasi duemila anni, viene da pensare che fu tutto superfluo. Vent’anni dopo ci avrebbe pensato il Vesuvio a seppellire ogni cosa, con l’eruzione che nel 79 d.c. cancellò Pompei e dintorni. E pensare che qualcuno per “gioco” lo augura ancora. Ecco, come nell’affresco della Casa della rissa, tanti scontri in un quadro solo. La ragionevolezza dell’ira che si aggira in isolamento.


Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka

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La struttura alare del calabrone, in relazione al suo peso, non è adatta al volo, ma lui non lo sa e vola lo stesso

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